IL TRIBUNALE
   In  data 5 settembre 2007, veniva emesso il decreto di citazione a
giudizio a carico di S. S. per il reato di cui all'art. 424 c.p.
   Dalla  lettura  del  casellario  giudiziale risulta che, in data 9
febbraio 2006, il Giudice tutelare di Trieste aveva dichiarato aperta
l'amministrazione   di   sostegno   a  carico  del  prefato  a  tempo
indeterminato.   Il   decreto  di  citazione  veniva  notificato  nel
domicilio eletto, a mani del difensore dello S.
   Lamenta  la difesa la mancata previsione, nell'art. 166 c.p.p., di
una   tutela   adeguata   a   favore   del   soggetto  sottoposto  ad
amministrazione   di   sostegno   nella   fase   della  conoscenza  o
conoscibilita' dell'atto, non essendo prevista la possibilita' che le
notifiche  vengano  effettuate  all'amministratore di sostegno, cosi'
come avviene per l'interdetto o per l'inabilitato, ove e' statuita la
notifica al tutore o al curatore.
   Ritiene  lo  scrivente che la questione debba essere sottoposta al
vaglio  della  Corte  costituzionale,  essendo  rilevante  al fine di
decidere,  posto  che  trattasi  di  verificare  se  vi  e' stata una
corretta instaurazione del contraddittorio.
   Inoltre,  la  questione  appare  non manifestatamene infondata con
riferimento  alla  violazione  dell'art.  3  Cost. e 111, terzo comma
Cost.
   L'amministratore  di  sostegno e' nominato per la persona che, per
effetto  di  infermita' o di una menomazione fisica, non sia in grado
di provvedere ai propri interessi.
   Parimenti,  la persona che per abituale infermita' non sia ingrado
di  tutelare  e provvedere ai propri interessi puo' esser interdetta,
con  la  conseguente  nomina  di un tutore. Ladddove lo stato non sia
particolarmente  grave,  essa puo' essere inabilitata e in suo favore
viene nominato un curatore (414-415 cc.).
   La   S.C.  ha  ricordato  quale  sia  la  finalita'  dell'istituto
introdotto  con  la  legge  9  gennaio 2004, n. 6. In particolare, la
Cassazione   ha   affermato   che,   rispotto   agli  istituti  della
interdizione   o   della  inabilitazione,  l'ambito  di  applicazione
dell'amministrazione  di  sostegno va individuato non con riguardo al
diverso  e  meno  intenso  grado  di  infermita'  o impossibilita' di
attendere  ai  propri  interessi  del  soggetto carente di autonomia,
quanto  alla  maggiore  idoneita' di tale strumento ad adeguarsi alle
esigenze   di   vita   di  detto  soggetto,  in  relazione  alla  sua
flessibilita'  ed  alla maggiore agilita' della procedura applicativa
(Cass., sez. I, 12 giugno 2006, n. 13584).
   La  omologazione  tra interdizione o inabilitazione, da un lato, e
condizione  del  soggetto  sottoposto  ad amministrazione di sostegno
viene, vieppiu', evidenziata dalla applicabilita', anche per essa, di
una  serie  di  norme  dettate  in materia di tutela ed espressamente
richiamate  dall'articolo 411 c.c., come il riferimento al giuramento
del  tutore,  alla incapacita', alla dispensa. Ancora si fa esplicito
richiamo  alle norme dettate per la tutela, applicabili anche in casi
di  amministrazione  di  sostegno,  in  materia di atti consentiti al
tutore con autorizzazione del giudice tutelare del tribunale, di atti
vietati,  di  gratuita',  di  contabilita'  dell'amministrazione,  di
responsabilita'  del tutore o protutore, di cessazione dall'ufficio e
di  rendiconto  finale.  Insomma,  la  stessa  disciplina  che regola
l'amministrazione di sostegno e' mutuata da quella della tutela.
   Allora,  appare  evidente  che il nuovo strumento introdotto dalla
legge  9  gennaio  2004,  n. 6  non e' qualitativamente diverso dagli
strumenti' gia' approntati dal codice civile in materia di sostegno a
soggetti  deboli  e  la differenza tra gli istituti non si basa sulla
gravita' dell'infermita' del soggetto assistito.
   Se  cosi'  e',  non pare conforme al dettato costituzionale di cui
all'art.  3  la limitazione operata dall'art. 166 c.p.p. ai soli casi
di  interdizione  ed  inabilitazione, con riferimento alla assistenza
del  soggetto  debole  nella  fase della notificazione e quindi della
conoscenza di atti giudiziari, che, nel caso che ci occupa, e' l'atto
di incolpazione (decreto di citazione a giudizio).
   E'  ben  vero che la lettura della norma costituzionale impone non
una  eguaglianza tout court, ma la necessita' di trattare casi uguali
in  modo eguale e, per contro, di riconoscere una disciplina difforme
nei  casi  in  cui  la diversita' sia rilevante. In realta' qui, come
detto,  tra l'amministrazione di sostegno e gli istituti della tutela
e  della  curatela non esiste una differenza qualitativa/quantitativa
che  giustifichi un diverso trattamento dell'assistito nel compimento
di  attivita',  nel caso in specie, fondamentali come la ricezione di
atti  giudiziari.  L'esclusione  dell'ipotesi dell'amministrazione di
sostegno,  allora, dalla disciplina dell'articolo 166 c.p.p. non pare
trovare  fondamento  in  una  diversita'  qualificante,  bensi'  pare
puramente arbitraria e quindi contrastante con l'art. 3 Cost.
   La norma sembra anche in contrasto con l'art 111 cost. Commi primo
e terzo con specifico riferimento alla disciplina del giusto processo
regolato  dalla  legge,  in  quanto viola il diritto all'informazione
relativo  alla natura ed ai motivi dell'accusa elevata a carico di un
soggetto ritenuto giudizialmente non in grado di provvedere ai propri
interessi.  Per  la  realizzazione  del  diritto e' necessario che il
soggetto non autonomo sia assistito per l'esplicazione di una piena e
consapevole difesa.